Zelda e i generi letterari

Nel mezzo del delirio zeldiano che sta coinvolgendo un po’ tutti in occasione del venticinquesimo è&hellip


Scheda tecnica



Nel mezzo del delirio zeldiano che sta coinvolgendo un po’ tutti in occasione del venticinquesimo è opportuno, se non obbligatorio, riflettere un po’ su questa saga. Venticinque anni non sono pochi, soprattutto in un mondo, quello dei videogiochi, dove le saghe vanno e vengono, e dove basta un episodio dalle vendite scarse per decretare il fallimento, o quasi, di un marchio. In questo quarto di secolo, la saga di Link si è espansa, è cresciuta, ha conquistato le tre, le quattro dimensioni, si è rinnovata ciclicamente.
Dopo tutto questo tempo si può, volendo, paragonare Zelda alla letteratura? Le somiglianze ci sono, e molti episodi si possono inquadrare alla perfezione in alcuni fra i generi letterari più noti. Io mi cimenterò solo in alcuni episodi: The Legend of Zelda, Ocarina of Time, Majora’s Mask, The Wind Waker e Twilight Princess.
Piccola premessa: assicuratevi prima di leggere di avere giocato tutti I giochi, il rischio spoiler è parecchio elevato.

Il mondo fiabesco delle origini
E’ indubbio che, se il primo Zelda deve rappresentare un genere, questo è la fiaba. Dove per fiaba si intende quella della tradizione orale non ben definita, che ogni popolo ha, quella che poi fu ripresa e apprezzata durante il romanticismo. Per intenderci, quella del “C’era una volta in un regno lontano…”: vale a dire, quella della totale assenza di connotati spazio-temporali ben precisi. Il primo Zelda è così: il tempo è assolutamente incerto, causando così un pasticcio al momento di collocare questo gioco in una timeline organica, e lo spazio, benchè noi sappiamo che questa regione si chiama Hyrule, non è troppo definito neanche. La trama è ridotta all’osso come quella delle fiabe: non ci sono viaggi nel tempo, rocamboleschi rovesci di sorte, colpi di scena allucinanti e altre caratteristiche che saranno proprie degli Zelda successivi; c’è invece un eroe (Link) che deve salvare una principessa (Zelda) rapita da un essere malvagio (Ganon) combattendo contro una sfilza di mostri (Gohma e compagnia, per intenderci) con l’aiuto di un oggetto magico da raccogliere (la Triforza) e di qualche aiutante sparso (il leggendario Old Man). Gli elementi fondamentali della saga ci sono tutti (tranne Old Man, ma vabbè…), ma sono abbozzati in una struttura semplicissima. No che il NES potesse fare di meglio (il primo Zelda è un autentico capolavoro per la console dove gira), ma visto che la lettura che si sta facendo è “a posteriori”, può anche passare il primo Zelda come fiaba.


La dimensione epica della leggenda
Associare il primo capitolo per Nintendo64 e il genere epico in effetti non era una cosa troppo complicata. C’è una cosa che rende quest’equazione vera: il fatto che sia l’epica sia OoT siano archetipi, vale a dire modelli di riferimento originari ai quali tutti quelli che vengono devono, volenti o nolenti, ispirarsi. Così come nell’antica Grecia chiunque volesse scrivere una tragedia, una commedia, una satira, un componimento poetico doveva, chi più chi meno, ispirarsi ad Omero, così tutti gli episodi successivi a questo primo capitolo in 3D devono con questa pesante eredità devono avere a che fare. Sui meriti di OoT si è già abbastanza discusso, e rimando il lettore ad altre fonti. Ma non è solo questo il filo rosso che lega le due cose. I personaggi di OoT, come quelli epici, sono personaggi “puri”: hanno un sistema ben definito di valori che rimangono immutati per tutto il gioco, e in nome dei quali agiscono. Ganondorf, per esempio, è il male assoluto, il suo unico desiderio è arrivare alla Triforza per dominare con la forza Hyrule; Zelda è l’accorta principessa pronta a tutto per difendere il suo popolo; Link è l’eroe che mette il suo coraggio al servizio dei vari popoli, pronto ad aiutare chiunque si trovi in difficoltà. Ma c’è un terzo aspetto, forse più importante di tutti, che rende OoT “epico” a tutti gli effetti. L’epica, infatti, è innanzi tutto la manifestazione letteraria più piena dei miti e delle tradizioni dei popoli, che in essa trovano la propria espressione.  OoT è questo, è la Leggenda vera e propria dell’Eroe del Tempo in cui tutti i popoli di Hyrule si ritrovano: Link nasce come Kokiri, ma è un Hyliano in realtà, è fratello dei Goron come detto da Darunia ma è anche promesso sposo di Ruto, quindi re ereditario dello Zora’s Domain. Le imprese di Link trascendono lo spazio e il tempo, rendendo a tutti gli effetti immortale la Leggenda.


La svolta del romanzo moderno
Majora’s Mask, sebbene giri sullo stesso sistema del predecessore, rispetto a questo è agli antipodi. Majora è, a tutti gli effetti, il romanzo moderno, sette-ottocentesco, proiettato in un videogioco: Link è l’uomo che si fa da sé tanto caro alla letteratura borghese; di fatto inizia che, pur essendo Eroe del Tempo e quindi avendo esperienza, non è nessuno a Termina, né ha l’aiuto di altisonanti divinità (l’albero Deku in OoT) o aristocratici d’alto rango (Zelda in OoT), anzi, è lui stesso che deve salvare le divinità (i Quattro Giganti). Come una sorta di novello Robinson Crusoe, Link viene scaraventato in questa nuova terra, dove è solo, ma pian piano si ambienta e riesce a ricrearsi un mondo dove vivere: ed è proprio questo mondo che si scopre essere decisamente più vivo di quello di OoT. Sta qui il secondo motivo per cui Majora è associabile al romanzo moderno: il mondo di Majora è vivo, pullula di personaggi aventi storia proprio ben definite, e sono queste storia “secondarie” ad essere elevate a nuova dignità. Certo, Link deve salvare Termina in tre giorni dalla caduta della Luna, ma è importante anche la vicenda di Kafei ed Anju e quella di Romani alle prese con gli alieni. Inoltre, c’è anche qui un terzo motivo, più prettamente “culturale” o “politico”: è la democratizzazione, o borghesizzazione, dei personaggi e dei contesti di Majora a rendere questo gioco decisamente vicino al romanzo sette-ottocentesco. Alla monarchia di Hyrule, Termina, oppone quello che sembra essere un libero comune retto da un sindaco, e dedito quasi totalmente alle attività commerciali; l’eroe Goron, Darmani, non è il capo-tribù, come Darunia, è appunto semplicemente un eroe; Mikau è il bassista degli Indigo-Go’s, non un principe Zora. I personaggi aristocratici qui presenti sono entrambi ambigui o decaduti: Re Deku e Igos du Ikana. Il primo ben lontano dall’essere il monarca illuminato tipico di Hyrule, è un dispotico sovrano chiuso in sé stesso, il secondo è un aristocratico decaduto (e deceduto) che continua a mandare avanti guerre contro nemici morti anch’essi.


Il mare, il vento e la commedia
Al di là dei toni farseschi e sorridenti di tWW, è il paradosso, la parodia, il rovesciamento dei canoni dell’epica e della tragedia una delle caratteristiche principali della commedia. E tWW è tutto ciò. Il viaggio di Link inizia, a tutti gli effetti, con un malinteso, un errore balzano commesso da King Helmaroc che rapisce Aril anziché Dazel, quasi a canzonare il tradizionale clichè dell’eroe che parte per salvare la principessa rapita: stavolta l’eroe parte per salvare la sorella rapita per sbaglio (spiegaglielo a Ganondorf che era per sbaglio). Poi l’eroe parte e si imbarca con una ciurma di pirati assolutamente bislacca, ben lontana dall’eroismo che ci si aspetterebbe da chi sta andando nel luogo peggiore del Grande Mare. L’entrata di Link alla Forsaken Fortress, poi, mette alla berlina l’intrusione di Link al Castello di Hyrule in OoT: stavolta Link viene catapultato dentro la fortezza. Ma non è solo qua che tWW mostra il suo lato comico: basti pensare che la Sun Song, che in OoT si apprendeva in una tetra catacomba popolata da ReDead, stavolta si apprende da un demente convinto di essere Elvis. Ma è nella seconda parte che esce in tutta la sua potenza l’aspetto comico/farsesco di questo episodio di Zelda: basti pensare che, non si sa come, un uomo sulla cinquantina convinto di essere un folletto è in possesso della leggendaria mappa delle mappe dei frammenti di Triforza, mappe che lui sa pure tradurre dall’Hyruleano antico! E non solo qui, tutto il gioco è pieno di situazione paradossali: pesci che si evolvono in uccelli, enormi draghi irritati da altrettanto enormi scorpioni che gli pungono la coda,  per finire poi nel paradosso per eccellenza; nelle battute finali, infatti, il generoso re Daphnes Nohansen Hyrule vuole che la sua terra sprofondi sotto le acque, mentre il malvagio Ganondorf vuole che torni a vedere il sole. Curiosa inversione delle parti.


La tragedia del crepuscolo
Un po’ di quell’oscurità che contraddistingue le tragedie di Shakespeare, un po’ di quei grandi conflitti cosmici di Euripide: ecco Twilight Princess, il gioco che probabilmente trasporta meglio l’essenza stessa della tragedia in un videogioco. Sia ben chiaro, a differenza della stragrande maggioranza delle tragedie, TP non ha un finale negativo, ma è durante tutto lo svolgimento della trama che si mostrano le reali somiglianze fra il gioco e il genere. Tutta l’atmosfera di TP è tetra, non solo quella del Mondo del Crepuscolo, ma anche quella della Hyrule ancora non conquistata dalle ombre, l’orrido e il tenebroso occupano tutto il gioco, e non c’è spazio per un sorriso; anzi, quando c’è, più che essere un isola di felicità nel mare di tenebre, è presagio di sventura, come il sorriso di Iria all’inizio del gioco che, di fatto, anticipava il suo rapimento. I personaggi non sono più i personaggi, grandiosi ma piatti, di OoT: sono divorati dai dubbi, sempre in bilico fra la sanità mentale e la pazzia, così come Hyrule è in bilico fra la luce e l’oscurità. Il massimo esempio di personaggio tragico in questo senso è Zant;  è lui la vera personalità negativa del gioco, costantemente divisa, come tutti i grandi eroi negativi tragici, fra due forze: una è la brama di potere, l’altra è la lealtà verso il suo popolo. Benchè in Zant, per tutto il gioco è la prima a prevalere, nelle battute finali c’è come una redenzione da parte sua. Anche la violenza ha il suo posto: il gioco infatti non esita a mostrarci la scena dell’uccisione del saggio dell’acqua per opera di Ganondorf. Sebbene il finale sia comunque lieto, non c’è allegria nel mondo di TP, che diventa così una sorta di antitesi di tWW.

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Commenti

Zelda e i generi letterari

Rob 02/01/2013 alle 10:44

Questa discussione raccoglie i commenti per l'articolo Zelda e i generi letterari

Re: Zelda e i generi letterari

Puffetta 97 20/02/2012 alle 11:16

Ma è bellissimo!!! Complimenti, sei stato molto bravo :D

Re: Zelda e i generi letterari

Fierce Deity 15/02/2012 alle 18:55

Questo lavoro l'ho letto e riletto anche prima di iscrivermi qui, davvero bello, non pensavo che i capitoli di Zelda si potessero paragonare ai generi letterari :D

Re: Zelda e i generi letterari

intermomo 29/01/2012 alle 21:19

Complimenti!!!
ben fatto :)

Re: Zelda e i generi letterari

axlegear88 23/01/2012 alle 11:38

Ma che fantastica analisi Banjo. Veramente eccezionale, è stata una lettura piacevolissima. E' chiaro altresì, che comunque anche tu sei (o eri?) in preda al delirio Zeldiano! Veramente molto interessante e un grande spunto di riflessione!

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